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Amador e la Costa Rica in maglia rosa

Il 20 maggio 2016 è stato un giorno storico per il ciclismo italiano e mondiale: la prima maglia rosa sulle spalle di un centro-americano, il costaricense Andrey Amador.

Dicono che la Costa Rica sia la nazione più felice del mondo. Per gli italiani spesso significa pensare solo a Caraibi, banane e ananas ma in realtà è il paese più stabile del Centro-America, il primo al mondo senza un esercito ( per precisa scelta) e con un invidiabile tasso di alfabetismo del 95%. E dopo essere stata la nazione che ha contribuito a sbattere fuori dall’ultimo Mondiale la blasonata Italia, i suoi destini sportivi sono tornati ad intrecciarsi con il Belpaese.

Amador, dalla capitale San Josè, è coriaceo e resistente proprio come il suo popolo, che in passato ha combattuto contro i filibustieri e il Messico per conquistare l’indipendenza. Ma il suo nome di battesimo tradisce anche il sangue russo da parte di madre, rendendolo il risultato originale dell’incontro tra paesi così incredibilmente distanti. Andrey per la Costa Rica è il ciclismo in persona: l’unico ad essere entrato a far parte di una squadra WorldTour, la Caisse d’Epargne, nel 2009.

Dopo le partecipazioni al Tour, il quarto posto al Giro dell’anno scorso e la tappa vinta a Cervinia nel 2012, il classe 1986 è diventato un autentico eroe nazionale: ora con la conquista della Maglia Rosa entra nella leggenda.

Significa parecchio per un paese molto piccolo, in cui nello sport non ci sono state grandi individualità e in cui la fanno da padrone il calcio e il surf.

Da tempo comunque c’è anche una buona attenzione per il ciclismo: una discreta tradizione è infatti portata avanti dal 1965 con il Giro della Costa Rica, che dal 2005 fa parte dell’Uci America Tour.

Amador questa Maglia l’ha acciuffata con le unghie e con i denti, proprio quando sembrava che dopo le fatiche delle scorse tappe, in cui era andato spesso all’attacco, le gambe gli stessero per esplodere. Avrebbe potuto staccarsi troppo dai big, senza creare il margine da Jungels.

Invece è riuscito a limitare i danni sul Gpm di Valle e poi, con una discesa incredibile, ha recuperato le ruote del gruppetto principale. Già perché Andrey è così, un degnissimo della Rosa: non è un fuoriclasse, non è uno scalatore puro e soffre i cambi di ritmo.

Ma è un corridore completo come pochi altri, che sa fare bene tutto. Cosa rara in questo ciclismo moderno sempre più specialistico. Ha come dote un grandissimo fondo, ama le tappe collinari o di media montagna ma tiene bene anche sulle salite lunghe, è uno dei migliori discesisti al mondo ed è anche un ottimo cronoman.

I tifosi e i principali media del suo paese lo hanno già incoronato tra acclamazioni e titoloni: “ Ha scritto la storia”, “ La pagina più splendente del nostro ciclismo”, “Un sopportatore, un sofferente della bicicletta”.

Di sicuro, un momento così, non l’aveva mai immaginato quando da piccolo iniziò facendo ginnastica ritmica e quando nel 2010 passò diverse settimane in ospedale dopo un’aggressione di malviventi durante gli allenamenti in Costa Rica.

Forse, nell’ottica della vittoria finale di Valverde, la Movistar avrebbe dovuto gestirlo meglio per impiegarlo nei giochi tattici sulle Alpi.

Ma siamo sicuri che, visto come è andata, a lui va benissimo così.

L’obiettivo ora è tenere ancora un po’ la Maglia, anche se già nel tappone quasi impossibile di domani potrebbe perderla. Nonostante tutto, conoscendolo, magari avrà ancora le energie e la volontà per essere il prezioso scudiero dell’Embatido.

Da Cividale del Friuli il suo connazionale Keylor Navas è avvisato: toccherà al suo Real Madrid vincere la Champions a Milano e far entrare il portiere nell’olimpo dello sport costaricense, lì dove brilla già la stella di Amador.

Articolo a cura di Daniele Gastaldi

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